Pd in manette

Fate subito un passo indietro

Bisogna innanzitutto esprimere un apprezzamento alla Procura di Roma per aver evitato di procedere alla seconda ondata di arresti dell’inchiesta “Mafia Capitale” sotto il voto delle Regionali. Evidentemente i magistrati romani si rendono conto meglio di alcuni politici di professione dell’importanza di tutelare i cittadini nel momento in cui partecipano alla vita democratica. Siamo in un paese di diritto e tutti gli accusati devono passare da tre gradi di giustizia prima di essere condannati. Certo che le intercettazioni di cui la magistratura si avvale per giustificare i suoi atti, rivelano qualcosa di inquietante, ovvero la possibilità che, indipendentemente dagli schieramenti, una consistente parte del mondo politico si possa mettere d’accordo con la criminalità organizzata per dirigere importanti investimenti finanziari. Se Roma è in uno stato pietoso, nonostante i flussi di denaro di cui pure ha disposto, c’è una ragione. C’è una clamorosa differenza rispetto alle inchieste che hanno colpito la pubblica amministrazione negli anni ‘90 del secolo scarso, per esempio a Milano. Allora, la classe politica “rubava” per fare le cose. Il Pio Albergo Trivulzio diretto da Mario Chiesa era un modello funzionale. La classe politica romana accusata oggi sembra che rubi solo per disfare, di conseguenza tutto va a pezzi. Per questo appare a dir poco inquietante la reazione che proviene da alcuni esponenti del partito democratico che non sembrano accorgersi esattamente del grado di coinvolgimento del loro partito e dei loro uomini nell’inchiesta. Il sindaco Marino, all’arresto di Buzzi, aveva detto di non sapere nemmeno chi fosse. Eppure in campagna elettorale si erano ascoltate le sue dichiarazioni che avrebbe devolto il primo stipendio da sindaco alla “Cooperativa 29 giugno”, ovvero quella di Buzzi. Poi si è vista puntualmente la visita del nuovo sindaco a detta cooperativa ed il suo incontro con Buzzi a cui esponenti della maggioranza di Marino chiedevano di fare una scultura da porre accanto a quella equestre di Marco Aurelio. Le frequentazioni di Buzzi arrivavano fino alla segreteria nazionale del Pd ed al governo. Sulla base di quanto è già avvenuto e senza nemmeno aver voglia di rivangare analogie storiche, sarebbe meglio che gli esponenti del partito democratico coinvolti in tali relazioni facessero subito un passo indietro per evitare si alimentino sospetti sul ruolo delle funzioni istituzionali che svolgono. Questo vale in modo particolare per Marino ma a questo punto non solo per lui.

Roma, 5 Giugno 2015